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Amare l’Irlanda

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Sinn Fein Sinn Fein Bobby Sands lives again. 40 anni dopo la sua morte, avvenuta dopo un lungo sciopero della fame, il rivoluzionario irlandese di Belfast non cessa di ispirare e commuovere. La sua è una vicenda che intreccia la lotta per l’indipendenza e la dignità dei nordirlandesi cattolici con la tenacia e la sensibilità umana di un giovane ribelle lucido e inflessibile.

Arrestato senza prove, fu rinchiuso nel carcere di Long Kesh e, dal 1976, nei famigerati Blocchi H con i quali il governo britannico marchiò i combattenti repubblicani dell’IRA come terroristi. Sands divenne un militante dell’IRA all’età di 18 anni: fu un cosciente atto di ribellione contro le discriminazioni e di resistenza contro i gruppi paramilitari protestanti, spesso protetti dall’esercito inglese.

Londra aveva bisogno di negare lo status politico e ridurre i militanti imprigionati a criminali. Per questo fu necessaria un’organizzazione interna dei prigionieri, capace di controbattere a questa narrazione. Nel 1980 il coordinatore di questa organizzazione divenne Bobby Sands. Rifiutare le divise del carcere, sostituite da una coperta per coprirsi dal freddo (blanket protest), utilizzare tutti i mezzi a disposizione per scrivere, riflettere sulla politica, sulla letteratura sullo sport, sulla poesia, sul socialismo erano tutti atti di resistenza umana.

Ma Bobby Sands non voleva raccontare solo la brutalità delle condizioni a cui lo sottoponeva la prigionia della “civile” Inghilterra (es. botte, lavaggi con la pompa ad alta pressione, celle piene di escrementi, limitazioni fortissime alla possibilità di leggere e scrivere e, da un certo momento in poi, finestre sigillate per negare qualsiasi possibilità di connessione con il mondo esterno) ma anche gli ideali, la sensibilità, la cultura di un movimento radicato che godeva di larghi consensi.
Per questo lo sciopero della fame iniziato il 27 ottobre 1980 – per ottenere alcuni diritti e lo status di prigioniero politico – raccolse così tanta solidarietà da tutto il mondo. Uno sciopero estremo che condusse i militanti che lo intrapresero alla morte. Bobby Sands si spense il 5 maggio 1981. Londra comunicò che “Mister Bobby Sands è morto oggi alle 01,17 del mattino. Si è tolto la vita rifiutando cibo e medicine per 66 giorni” Fu un sacrificio vano? Così probabilmente si auspicava il governo conservatore guidato all’epoca da Margaret Thatcher. Ma così non fu.
I morti per fame di Long Kesh disvelarono la brutalità dell’esercito e della polizia carceraria e testimoniarono come nessun potere sia immune da comportamenti disumani e ingiusti. Inoltre l’ala politica dell’IRA, lo Sinn Fein (gaelico di “noi stessi”) si trasformò da partitino clandestino e braccato in una forza politica determinante nel processo di pace che pose fine ai “troubles” e all’occupazione militare inglese.
Certo sotto le ceneri qualcosa ancora arde ma le inchieste ancora aperte possono aiutare a spengerle purché animate da un intento di verità e giustizia. Come quella relativa alla strage di Ballygame del 1971 che stabilisce che l’esercito inglese uccise 10 civili inermi senza alcuna giustificabile motivo. (www.theguardian.com/uk-news/2021/may/11/inquest-to-report-on-alleged-killings-by-british-soldiers-in-ballymurphy)

Le poesie e le opere in prosa pubblicate in questo libro, seguendo anche i consigli del Bobby Sands Trust, testimoniamo della forza, della capacità di resistenza umana del “partigiano Bobby”. Un libro imperdibile per chi si è imbattuto nella storia, nella musica, nella letteratura della verde Irlanda. Come Giulio Giorello “che amava l’Irlanda perché amava la libertà, e ci ha lasciato improvvisamente nelle ultime fasi di lavorazione di questo libro”.

Bobby Sands, Scritti dal carcere. Poesie e prose (a cura di R. Michelucci e E. Terrinoni), Paginauno, 18,00€

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