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La natura è la terapia

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Da Bristol Samantha Walton ci manda un messaggio preciso: esiste una terapia della natura lontana dal wellness o dall’approccio glamour (?) di influencer patinati che ci fornisce sollievo, che guarisce le ferite. Si chiamala biofilia ed è stata descritta dal biologo E. Wilson.

L’amore per la natura è frutto di millenni di evoluzione durante i quali abbiamo vissuto a contatto diretto con gli habitat naturali, sviluppando i sensi che ci rendono capaci di distinguere fra minacce e salvezza naturale. “La natura è la chiave della nostra soddisfazione estetica, intellettuale, cognitiva e persino naturale” e la biofilia è il nostro amore per la vita e il desiderio di entrare in connessione con altri essere viventi.

Senza rinnegare il contributo, decisivo, che medicina e farmaci danno per curare, guarire, riabilitare ferite fisiche e psichiche, la Walton ci indica un approccio che supera la separazione fra biosfera, persona e società, una contro-narrazione di quella del business as usual. La pandemia, le guerre, l’acuirsi talmente insopportabile delle disuguaglianza da diventare la secondo causa della depressione, no non è business as usual. La nostra salute, il nostro star bene è (anche) un fatto sociale (sullo sfondo echi di Giulio Maccacaro, Laura Conti e Franco Basaglia)

L’approccio della Walton come in tutte le ricerche contempla domande e dubbi. I paesaggi terapeutici, boschi, parchi, laboratori e fattorie, sono davvero efficaci? L’autrice vuole capire se, come e perché. Anche affrontando la nascita di leggende, miti, credenze religiose che hanno affidato a laghi, fiumi , acque una funzione salvifica: Lourdes come le divinità acquatiche di Mami Wata, al Gange chiedendosi anche se vi sia anche una deriva irrazionale (il Gange è sacro e quindi non è inquinato mentre è terribilmente sporco),

L’esigenza di contatto stretto fra natura e umani è reale. Ciò dovrebbe indurre a fare anche dell’agricoltura un elemento terapeutico ma quando progettata solo per l’iperalimentazione di una parte del mondo, essa diventa luogo di sporcizia, diffusione di malattie e virus.
C’è un’agricoltura che mette insieme benessere e sicurezza di agricoltori, consumatori e ambiente? Vanda Shiva la chiama “agricoltura non violenta”, quella che considera i semi non solo come origine delle piante ma depositari di di storia e cultura. In quelli geneticamente modificati di Cargill e Monsanto, falsamente risolutori di siccità e infezioni, è contenuto racchiuso il ciclo vizioso di debito e povertà dei piccoli agricoltori. Il mondo produce già cibo per tutti.

Il paesaggio naturale contempla luoghi che dovrebbero essere rispettati per come sono (es. molte foreste possono essere pericolose per gli umani ma non per questo dobbiamo addomesticarle e trasformarle in parchi-gioco a nostro uso e consumo), altri sono frutto del contatto virtuoso con l’agire umano. Attiviamo buoni contatti e anche i campi ben coltivati ci daranno piacere, sollievo, rilassamento, lucidità della mente. Dalle Bucoliche in poi.

Samantha Walton, Luoghi per guarire, Ponte alle Grazie, 20€

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